2018
Barriere architettoniche: Italia inadempiente
Studio Legale Gerardi / 0 Comments /Di Valentina Stella Nuovo Corriere 7 novembre 2018
È di pochi giorni fa la notizia di una tredicenne, Rebecca, che, costretta su una sedie a rotelle perché affetta da atrofia muscolare spinale di II livello, non ha potuto partecipare al giro della scuola nell’Open day del Liceo Parini di Milano a cause delle barriere architettoniche presenti nell’edificio. Secondo i dati dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica pubblicati dal Miur a fine settembre, le barriere architettoniche risultano rimosse nel 74,5% degli edifici scolastici. Una percentuale alta, ma che va migliorata. Nonostante ciò, la questione delle barriere architettoniche è un problema esteso. Infatti, nonostante la molteplicità delle normative sia nazionali che sovranazionali, approvate nel corso degli ultimi anni al fine di promuovere la parità di trattamento e la piena integrazione delle persone con disabilità, per coloro che soffrono di una qualche forma di handicap continuano a permanere tantissime situazioni di disagio e sofferenza, quando non di vera e propria discriminazione. Capita ancora troppo spesso di imbattersi in edifici, pubblici e privati, in cui persistono gravi impedimenti al comodo uso degli spazi: accessi, ingressi, porte, pavimenti, servizi igienici, ascensori, altezze di vari elementi non fruibili per coloro i quali presentano un handicap motorio o fisico, anche temporaneo come un arto ingessato o una gravidanza. Esempi classici di barriera architettonica sono: scalini, porte strette, pendenze eccessive, spazi ridotti. O ancora semafori privi di segnalatore acustico, e le barriere “virtuali”, come siti internet non conformi agli standard di accessibilità. Purtroppo le barriere architettoniche sono molto diffuse nel nostro Paese: si contravviene così alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, in vigore in Italia dal 2009, che sancisce il loro diritto alla vita indipendente ed all’inclusione sociale. A ciò si aggiunge l’inadempienza della maggior parte degli 8000 Comuni italiani che non hanno approvato i cosiddetti P.E.B.A., ovvero i Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche, strumenti in grado di monitorare, progettare e pianificare interventi finalizzati al raggiungimento di una soglia ottimale di fruibilità degli edifici per tutti i cittadini: previsti dal 1992, sono purtroppo una rarità nelle nostre amministrazioni. Mentre a settembre in Regione Lazio è stato accolto l’emendamento proposto dai Consiglieri Marta Leonori (PD) e Alessandro Capriccioli (+Europa), relativo alla costituzione del primo Registro regionale per i PEBA in Regione Lazio, e che raccoglierà i Peba approvati dai Comuni, permettendo di attivare il monitoraggio dei cronoprogrammi degli interventi ivi contenuti, Roma non è sicuramente una città per disabili. La nostra capitale quotidianamente costringe le persone con disabilità ad affrontare un vero e proprio percorso a ostacoli. Per questo, come ci spiega l’avvocato Alessandro Gerardi, che con l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica ha incardinato numerosi ricorsi per discriminazione a cause delle barriere architettoniche “Roma Capitale è già stata condannata quattro volte per condotta discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità a causa delle barriere architettoniche presenti negli edifici scolastici, presso le fermate degli autobus e all’interno delle stazioni della metropolita. Anche Atac, l’azienda che gestisce il servizio pubblico di trasporto, è stata condannata in almeno cinque occasioni dal Tribunale di Roma per aver discriminato in modo reiterato le persone con disabilità a causa del mancato funzionamento degli ascensori e dei servoscala ubicati all’interno della metro. Nonostante tutte queste condanne, ancora oggi, a Roma, alle persone che hanno una qualche forma di disabilità motoria o sensoriale molto spesso non viene garantita l’accessibilità all’interno degli spazi urbani, dei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto ”. Paradossale è anche la situazione della ridente cittadina balneare di Sabaudia, nota meta turistica nel basso Lazio, che si pregia da anni della Bandiera blu, nonostante quest’anno, sempre grazie ad un ricorso dell’Associazione Luca Coscioni, è stata condannata per condotta discriminatoria nei confronti delle persone disabili a causa della presenza delle barriere architettoniche presso il lungomare che impediscono alle persone con disabilità di accedere alla spiaggia e al mare. Comunque il cittadino ha gli strumenti per denunciare queste situazioni di palese illegalità. Innanzitutto attraverso l’App “No-Barriere” (scaricabile gratuitamente su smartphone e tablet, per utenti Android e iOs): basta scattare una foto, inserire una breve descrizione del problema e attivare la geolocalizzazione della barriera. Ma anche con gli strumenti giurisprudenziali: a differenza di quanto avveniva nel recente passato, oggi le condotte discriminatorie attuate da privati o dalla Pubblica Amministrazione nei confronti delle persone con disabilità possono essere rimosse grazie alla Legge 1° marzo 2006 n. 67 (“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime delle discriminazioni”), con la quale il legislatore ha approvato alcune regole speciali per la tutela giudiziaria dei disabili discriminati prevedendo per questi ultimi il diritto ad un’azione civile rivolta al Tribunale.