2018
La “certezza della pena” ha dei costi inevitabili, qualcuno ne è consapevole?
Studio Legale Gerardi / 0 Comments /Articolo a firma dell’avvocato Alessandro Gerardi sul Dubbio del 24 maggio 2018
L’espansione della penalità, in particolare della penalità carceraria («certezza della pena»), contenuta nel contratto di governo siglato tra M5S e Lega, sembra presupporre la strana idea, molto in voga nel nostro Paese, che gli interventi sui reati e sul sistema delle sanzioni penali siano una specie di elastico che si può tirare all’infinito, tanto non costano nulla. Questa strana idea è figlia, a sua volta, di una curiosa forma di cultura economica che impone al legislatore di coprire con appositi stanziamenti di bilancio ogni spesa prevista dalle sue leggi, ma non i costi che derivano dalla loro esecuzione in via amministrativa o dal funzionamento della giurisdizione, per cui di fronte alla gigantesca domanda di giustizia penale tutto sembra essere rigorosamente gratis. Ma non è così. Il buon senso ci dice che non si possono fare le frittate grandi con poche uova, così come, più in generale, non si può dar vita a nessun prodotto o servizio se prima non si fa un’analisi seria, attenta e rigorosa su tempi e metodi di produzione. Purtroppo queste analisi e queste valutazioni, nel campo dei reati e delle pene, non vengono elaborate mai da nessuno, tantomeno da chi sta al governo, il che è dimostrato dal fatto che, puntualmente, ogniqualvolta si tratta di intervenire sul sistema penale non si parte mai dal budget per arrivare al target, e nemmeno si fa l’operazione inversa: fissare un target e sulla base di quello definire il budget. Si procede invece nel modo opposto ovvero si introducono nuovi reati e si aumentano le pene senza minimamente porsi il problema delle conseguenze che tutte queste misure comporteranno in termini di costi e di incremento della spesa pubblica.
Eppure logica vuole che se ci sono 42mila posti disponibili nelle carceri, tu governo devi tarare il sistema repressivo su quei 42mila detenuti ( non uno di più). Se proprio vuoi avere più detenuti, devi prima costruire più carceri. Prima, e non dopo ( come previsto nel Contratto di governo). Sembra elementare, ed in effetti lo è, ma il genio dell’ovvio, come diceva Pascal, è un genio che hanno in pochi. Non a caso in queste ore si stanno facendo tante belle discussioni su come e dove sia possibile trovare le coperture finanziarie con le quali introdurre il reddito di cittadinanza e la Flat Tax, o attraverso le quali implementare i centri per l’impiego e aumentare le espulsioni degli immigrati, ma gli enormi costi che inevitabilmente deriveranno dell’adozione delle misure proposte dal duo Di Maio- Salvini
sul fronte della «certezza della pena» sembrano non interessare gli osservatori e i commentatori politici. È curioso, infatti, che nessun esponente del M5S e della Lega si sia ancora posto il benché minimo interrogativo sull’esistenza delle coperture finanziarie necessarie a realizzare tutti quei provvedimenti elencati nel contratto di governo alla voce «certezza della pena» ; ed è ancora più curioso il fatto che, ad oggi, nessun commentatore abbia pensato di rivolgere a Luigi Di Maio e a Matteo Salvini questa semplice domanda: «Scusate, ma voi che intendete aumentare le pene, introdurre nuove circostanze aggravanti, contrastare ogni forma di depenalizzazione, rivedere i riti premiali e gli sconti di pena, abrogare le misure deflattive del processo e del carcere, estendere l’imputabilità nel campo della giustizia minorile, con quali denari pensate di far fronte alle nuove necessità degli uffici e alle nuove necessità penitenziarie che saranno la inevitabile e diretta conseguenza di tutto questo lungo elenco di misure ‘ police correct’? Tirate fuori i soldini, altrimenti non vi potete permettere questo lusso, noi abbiamo 42mila posti nelle carceri, e 42 mila sono, se ne volete di più diteci prima dove intendete trovare le risorse finanziarie».
Ecco, se si cominciasse a ragionare in questo modo, forse anche l’opinione pubblica comincerebbe a riflettere sulla necessità di un uso più parsimonioso della sanzione penale, e magari comincerebbe a chiedere al legislatore di usare questo strumento in maniera più proporzionata ai mezzi che si hanno a disposizione. Nel frattempo, qualora il governo giallo- verde dovesse riuscire a far approvare tutti questi provvedimenti ‘ carcerocentrici’, c’è il rischio che la Corte costituzionale si veda costretta a prendere atto del fatto che nel nostro Paese le sanzioni detentive siano ormai divenute «ineseguibili», posto che la loro applicazione si è trasformata in un «illecito» a causa della evidente carenza di un numero di posti sufficiente all’interno delle carceri. Di fronte alla inevitabile esplosione del numero dei detenuti nel breve termine, infatti, la mancanza di spazi e del personale amministrativo renderebbe oggettivamente impossibile per l’amministrazione penitenziaria adeguarsi al benché minimo standard di tutela dei diritti umani.